lunedì 23 giugno 2014

Libri. “Sull’inutilità della destra” di Luigi Iannone e il ventennio aennino sprecato

La destra italiana non sarà rappresentata durante questa legislatura del parlamento europeo. Qualcuno se ne accorgerà? È probabile di no: del resto, qualcuno si accorge dell’esistenza della destra nel parlamento italiano? Anche in questo caso si può affermare di no, a giudicare dall’appiattimento verso le tematiche di sinistra. «Grazie ad un’orda di parvenu catapultati in ruoli e responsabilità molto più grandi delle loro reali capacità culturali e politiche, – scrive Luigi Iannone in questo suo brillante scritto – [la destra] è stata in grado di bruciare in poche legislature entusiasmi e illusioni di varie generazioni di italiani».
Facciamo solo due esempi eclatanti: il voto favorevole alla legge che riduce i termini della separazione in vista del divorzio, di fatto non lasciando ai due coniugi un congruo tempo per riflettere, anche in presenza di figli e la presenza tra i primi firmatari della legge che inasprisce le pene per gli storici revisionisti di alcuni “storici” ex missini ed ex figure di spicco di Alleanza Nazionale (Gasparri e Viespoli). Quanta distanza dal tempo in cui la battaglia contro il divorzio o l’opposizione alla legge Mancino era un elemento imprescindibile della politica di destra!
Invece, ripercorrendo il ventennio appena trascorso, che si tratti di cultura o di morale, una vera voce di “destra” è del tutto assente nel panorama politico, ed il mondo “conservatore” si fa notare solo in alcune battaglie di facciata contro l’eccessiva tassazione (salvo poi lasciar passare le nuove gabelle per questioni di “unità nazionale”) o in battaglie di principio di cui non si sentirebbe la mancanza (come la difesa a spada tratta di parlamentari corrotti, anche della parte avversa, per dimostrare coerenza con la difesa dei propri parlamentari corrotti…).
Ma cosa è cambiato, nel campo della cultura e della morale, da quando Berlusconi vinse le elezioni, sventando (per poco) il pericolo di una vittoria degli ex comunisti e permettendo all’ex Msi, trasformatosi (o annacquatosi) in An, di entrare nelle stanze dei bottoni? I vari anni di governo, sia a livello nazionale che locale, hanno apportato un qualche cambiamento? Leggi liberticide o criminali (come la citata legge Mancino o la famigerata 194, che legalizza l’aborto) sono state mai messe in discussione da un Parlamento che avrebbe avuto la forza per abrogarle o modificarle radicalmente?
La sudditanza psicologica nei confronti della sinistra (spesso unita alla ignoranza crassa tout court) di onorevoli e senatori, di sindaci ed assessori, ha fatto sì che si facesse sempre il “gioco” dell’avversario.
Storia recente? Decisamente no, visto che la “destra” è sempre corsa dietro alle icone di varia natura della sinistra. Da Armando Plebe a Dacia Valent (l’europarlamentare di colore del Pci prima e di Rifondazione poi, che venne candidata da Fini – che bel colpo d’immagine! – e che naturalmente non fu eletta) qualsiasi personalità politica o del mondo della cultura proveniente da un’area di sinistra troverà sempre tutte le porte spalancate, perché non provoca alcun imbarazzo ad un sindaco o assessore alla cultura di un partito di destra, che si sentirà anzi esaltato dal ruolo di “operatore culturale super partes”. Viceversa, se allo stesso assessore si chiedesse di organizzare un convegno controcorrente nei confronti della rivoluzione francese o bolscevica, oppure sul ruolo dell’aristocrazia e della cavalleria dal medioevo ai nostri giorni, allora questi rischierebbe l’infarto o per lo meno pretenderebbe di lasciare ampio – e possibilmente maggiore – spazio ai rappresentanti del tanto rassicurante pensiero dominante.
Dovendo fare un resoconto del ventennio di governo e amministrazione della “destra” dopo il tramonto delle ideologie, Iannone non può che rilevare sconsolatamente che non si scorgono tracce tangibili, se non della decadenza (o, meglio) del marciume perfettamente rappresentati da un figuro come il cosiddetto “Batman” e dall’affaire Fini-Tulliani a Montecarlo. Non c’è alcuna speranza, dunque? Forse nei partiti no, ma per fortuna la politica si può fare anche al di fuori dei partiti, nelle associazioni culturali e sulle riviste, attraverso canali che la “destra” (al contrario della sinistra) non sa minimamente valorizzare. Perché la più grande differenza tra destra e sinistra èche alla prima è mancato un Antonio Gramsci: non un uomo di cultura (ce ne sono stati tanti), ma uno che facesse comprendere qual è il ruolo (ed il valore) della cultura nella battaglia politica.

Insomma, venti anni sprecati. E dire che in un ventennio, un’altra destra seppe cambiare completamente l’Italia…! Ma erano altri tempi e, soprattutto, altri uomini.

Gianandrea de Antonellis


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